Nel pomeriggio di Sabato 24 Ottobre ho diretto la degustazione di due vini dell’ azienda Cloudy Bay.
Cloudy Bay è un’ azienda che appartiene alla galassia del Gruppo LVMH e si trova in Nuova Zelanda, precisamente nella parte nord orientale della Southern Island, sullo stretto di Cook, nella regione di Marlborough. Il clima è mite ma alquanto fresco: condizioni ideali per il Pinot Noir e lo Chardonnay.
La degustazione si è svolta nella boutique Louis Vuitton a Portofino: è superfluo sottolineare quanto mi sia sentito lusingato per essere stato scelto per parlare di questi vini sconosciuti ai più.
Il pubblico è stato molto eterogeneo: oltre, ovviamente, agli italiani c’ erano diversi Russi, Arabi, Indiani, Turchi e Ispanofoni (Spagnoli? Latino-americani?).
Come dicevo, i vini neozelandesi erano sconosciuti alla stragrande maggioranza degli intervenuti: ho cercato, quindi, di spiegare in maniera semplice, per non annoiare, le ragioni per le quali essi meritano grande attenzione.
Contrariamente a quello che ci si sarebbe atteso non è stato proposto il Sauvignon che è il tipo di vino “maori” più conosciuto in Italia. Abbiamo infatti degustato i vini ottenuti dai due vitigni citati sopra e cioè il Pinot Nero e lo Chardonnay; per un “filo-borgognone” come me sembrava un delitto di lesa maestà! Poiché, però, cerco sempre di lasciare da parte pregiudizi e preferenze personali, ho fatto una degustazione con un atteggiamento “neutro” e non vi nascondo che i due vini hanno riservato a me e agli intervenuti delle gradevoli sorprese…
Abbiamo cominciato con il Rosso, col Pinot Nero: sembra strano ma quando si tratta di degustazioni tecniche è consigliabile, per quei tipi di vino, procedere “alla rovescia”…Era qualche anno che non bevevo i vini della Cloudy Bay; li ricordavo molto marcati dal legno, pesanti, senza eleganza e, invece, quello che ha colpito di più, il sottoscritto e tutti i degustatori, è stata proprio l’ eleganza. Devo precisare che avevo fatto mettere in frigo anche il vino rosso perché il Pinot Noir deve essere bevuto intorno ai 16°. Lo Chardonnay, invece, l’ ho fatto servire appena fresco perché potesse mettere in mostra, dopo la vaniglia del legno, lo splendido ventaglio di profumi e gusti di agrumi e frutti tropicali.
Un altro aspetto interessante che è stato oggetto di discussione è che entrambi i vini avevano la chiusura a vite come, peraltro, la quasi totalità delle bottiglie prodotte in Australia o in Nuova Zelanda. In altro momento parleremo anche delle chiusure per bottiglia…
Bei vini, ambiente elegante, pubblico interessato: un pomeriggio proprio divertente!
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